L’anno scorso, più o meno a gennaio, mi trovavo in quarantena, positiva al Covid-19, quando una mia amica dell’università mi parlò della possibilità di partecipare al bando del Servizio Civile che in quel momento lei stava svolgendo al Centro Alcol e Fumo di Rimini. Le chiesi di cosa si trattasse e lei me lo spiegò dettagliatamente dicendo che si stava rivelando essere un’ottima esperienza. Ero a letto con la febbre, abbastanza acciaccata e chiusa in camera in isolamento da almeno una settimana e mi chiesi come sarebbe stato affrontare un’esperienza così tanto caratterizzata dal contatto umano in un periodo come quello che stavamo attraversando. Allora incuriosita ed affascinata, decisi di partecipare ed inoltrai la domanda.
È trascorsa una lunga estate di studio, costellata da qualche incertezza sul mio futuro e sulle possibili strade da intraprendere, ma alla fine, quasi inaspettatamente, è arrivato il 16 Settembre.
Dal mio primo giorno di Servizio Civile non sapevo bene cosa aspettarmi, ero solo a conoscenza del fatto che si sarebbe svolta la formazione. Mi sentivo piuttosto emozionata forse un po’ intimorita, tuttavia con grande stupore ho conosciuto ragazzi e ragazze gentili ed interessanti, tutti in una situazione simile alla mia e che perlopiù, nutrivano i miei stessi timori per il nuovo inizio.
Poi è arrivato il nuovo inizio. Ottobre e Novembre sono trascorsi velocemente al Centro Alcol e Fumo di Rimini. In questi mesi ho imparato a svolgere mansioni amministrative per me nuove ma soprattutto ho imparato a relazionarmi con gli utenti. I quali talvolta mi hanno emozionato, messo alla prova, hanno scatenato in me domande che altrimenti, forse, non mi sarei mai posta e mi hanno insegnato l’importanza di ascoltare davvero, essendo con tutta me stessa in quel momento, perché ciò può essere sufficiente a dare speranza. Ho compreso che tutti, alle volte, possiamo avere bisogno di aiuto e quanto possa essere difficile chiederlo soprattutto se il problema riguarda tematiche che, purtroppo, ancora oggi non sono viste di buon occhio dalla società e sono oggetto di stigma. Infine, ho imparato ad affrontare quei momenti un po’ spinosi in cui non mi sono sentita in grado di essere abbastanza d’aiuto e ho dovuto chiedere una mano ad un collega più esperto di me; questo sicuramente mi ha insegnato che anche se sono giovane ed entusiasta, non sempre ho tutte le risposte in mano.
Più di ogni altra cosa però, il Servizio Civile mi sta insegnando l’importanza di lavorare in squadra, perché laddove per arrivare a delle risposte non basta il singolo, vi è il gruppo. Per gruppo mi riferisco sia all’équipe del Centro Alcol e Fumo, sia a quello dei miei colleghi volontari, ragazzi e ragazze che, come me, si stanno affacciando alla vita adulta e stanno scoprendo questa esperienza per la prima volta.
Non so con esattezza dove sarò tra un anno e che cosa mi riserverà il futuro ma immagino che guardandomi alle spalle noterò che l’esperienza del Servizio Civile mi avrà cambiata: mi avrà sensibilizzato a problematiche sociali significative e all’importanza di contribuire per alleviarle e probabilmente mi avrà resa più consapevole sia come cittadina, che nella mia vita.
Erika Bernardi
Op. Volontaria presso il Centro Alcool e Fumo – AUSL Romagna